“STROKE and DEMENTIA LAB” : pubblicati due articoli paralleli che affrontano il problema della gestione dell’ictus durante il periodo di pandemia di COVID-19
STROKE CARE IN ITALY AT THE TIME OF THE COVID-19 PANDEMIC:A LESSON TO LEARN. J NEUROL. 2020 SEP 20:1–7. Bersano A, Pantoni L.
Vengono riviste in parallelo le situazioni in 3 paesi europei (Italia, Francia, Germania). Durante la pandemia in quasi tutti i paesi europei si sono compiuti degli enormi sforzi nella organizzazione del sistema sanitario, particolarmente relativamente alle ospedalizzazioni, per far fronte al numero crescente di pazienti affetti da COVID-19. Il risultato è stato un impatto profondo sulla gestione delle patologie non-COVID e fra queste l’ictus. In molte regioni italiane ed in Francia i percorsi pre- e intra-ospedalieri sono stati riorganizzati facendo diventare prioritaria su tutto il resto l’assistenza al paziente COVID-19. La rete assistenziale per l’ictus è stata stravolta, trasformando molte unità stroke in unità COVID e facendo convergere tutti i pazienti con ictus anziché sull’ospedale più vicino, su pochi altri ospedali.
In questo modo l’accesso dei pazienti con ictus ai pronto soccorso e alle unità dedicate (Stroke Unit) è risultato essere ritardato o limitato, con effetti negativi sulla assistenza al paziente con questo tipo di patologia. Infatti, ritardare l’intervento della fase acuta ha ricadute molto negative sulla possibilità di poter curare appropriatamente l’ictus in quanto alcune terapie hanno tanta maggiore efficacia quanto più precoci sono ed alcune possono essere somministrate solo entro un certo orario dall’insorgenza de sintomi, per cui certi ritardi rendono il trattamento inutile o non eseguibile.
Nel periodo di pandemia si è quindi registrata in tutta europea sia una diminuzione dei trattamenti essenziali per la fase acuta dell’ictus, sia una netta diminuzione del numero dei pazienti ricoverati per ictus o attacchi ischemici transitori (TIA).
Anche se ancora non esistono dati precisi a riguardo è possibile che tutto questo conduca nei prossimi mesi ad un aumento della disabilità e mortalità legate ad ictus.
Questo effetto indiretto della pandemia COVID-19 può purtroppo annullare o ridurre grandemente l’effetto dei grandi sforzi e progressi che i neurologi hanno compiuto nel corso degli ultimi anni per migliorare la cura dell’ictus e la prognosi dei pazienti colpiti.
E’ quindi necessario che nei momenti di ripresa della pandemia (o in simili altre condizioni di emergenza) vi siano piani precisi per salvaguardare la cura e l’assistenza a patologie che sono di grande impatto epidemiologico e che hanno un costo altissimo in termini di mortalità, disabilità e costi diretti ed indiretti per la società.
STROKE CARE DURING THE COVID-19 PANDEMIC: EXPERIENCE FROM THREE LARGE EUROPEAN COUNTRIES. EUR J NEUROL. 2020 JUN 3:10.1111/ENE.14375. Bersano A, Kraemer M, Touzé E, Weber R, Alamowitch S, Sibon I, Pantoni L.
Oltre ai temi precedenti riferibili alla sola situazione italiana, vengono a affrontati anche altri aspetti dell’impatto della pandemia COVID-19 sulla gestione e assistenza al paziente con patologia cerebrovascolare.
Il primo tema è quello del ridotto controllo dei fattori di rischio che si verifica in un periodo di maggiore isolamento sociale (es. riduzione attività fisica e motoria) per minore contatto con il personale sanitario e riduzione (o sospensione) delle visite di controllo. Questo può causare un generalizzato aumentata incidenza di ictus nella popolazione a rischio.
Un secondo punto è l’aumentato impatto di effetti negativi psicologici nel paziente che ha subito un ictus e che per questo motivo è maggiormente esposto a questo effetti secondari. Si pensi ad esempio agli stati di ansia e depressione che seguono spesso un ictus e che possono accentuarsi in periodo di pandemia e lockdown per il maggiore isolamento ed anche per il timore di essere infettati e, nel caso, di contrarre un’infezione a rischio di gravi complicanze.
Un ulteriore punto, non meno rilevante degli altri, è che l’attività di didattica sia a studenti ed ancor più ai futuri specializzandi risente della riduzione (o addirittura chiusura) dei posti letti dedicati all’ictus. Un’intera generazione di giovani medici sta quindi vedendo assai ridotta la sua capacità formativa nel campo delle malattie cerebrovascolari.
Infine, anche la ricerca, soprattutto quella clinica su pazienti, nel campo delle malattie cerebrovascolari subisce in questo periodo un forte rallentamento dovuto alla chiusura di molti centri ictus e quindi alla ridotta capacità di condurre studi osservazionali e terapeutici in questa popolazione.